Covid-19: perché questa fase è diversa rispetto a febbraio-marzo (e potrebbe essere peggio di allora)

Dino Amenduni
2 min readOct 15, 2020
Photo by Sandie Clarke on Unsplash

Perché prima del primo lockdown non si avevano riferimenti su quanto potesse durare, sulle conseguenze sulla vita delle persone, perché non era stata sperimentata la fatica di quella fase. Ora tutto questo è molto chiaro, fa paura, e porta dunque a una minore disponibilità da parte dei cittadini ad accettare un ipotetico lockdown, anche se fosse l’unica soluzione possibile a ridurre i contagi;

Perché a differenza della prima ondata, in cui il Governo fu giustificato da una fetta significativa dell’opinione pubblica per aver gestito l’imponderabile, c’è la sensazione (parlo sempre di percezione dell’opinione pubblica, non ho le competenze necessarie a fare inferenze più complicate) che nei mesi di ‘relativa tranquillità’ non sia stato fatto tutto il necessario per gestire questa fase, che era stata ampiamente prevista e annunciata;

Perché ora è finalmente chiaro a tutti che la ricerca di un vaccino non è una cosa che si fa con la bacchetta magica;

Perché prima del primo lockdown esistevano comparti disponibili a stringere i denti per qualche tempo in nome della sicurezza sanitaria di tutti, mentre oggi è un costante appello da parte di tanti affinché il proprio settore abbia regole meno rigide rispetto alla prima volta, e anche rispetto agli altri;

Perché questa via di mezzo tra l’apertura e la chiusura rende difficilmente praticabili alcune misure di emergenza adottate in occasione del primo lockdown (oggi La Stampa, per esempio, parla della possibile fine del blocco dei licenziamenti);

Soprattutto perché non c’è la piena consapevolezza del fatto che alla crescita del numero dei positivi, asintomatici o meno, cresce la possibilità che altre persone possano contagiarsi. Le tante tabelle che dicono che al momento c’è meno gente ricoverata in terapia intensiva non possono assolutamente essere consolatorie in prospettiva. Fermo restando che ‘prevenire è meglio che curare’ è un vecchio suggerimento che non credo possa essere sospeso proprio in questa occasione.

No, non è come prima del primo lockdown. In prospettiva, può essere ancora più complicata di allora.

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Dino Amenduni

Socio, comunicatore politico e pianificatore strategico dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)