Qualche domanda sul futuro della mia città (Bari)

Dino Amenduni
5 min readNov 11, 2021

--

Photo by Andrea Mininni on Unsplash

Premesse

1. La malattia cronica con cui dovrò convivere per tutta la vita mi sta imponendo un profondo ripensamento delle priorità. Bisogna liberarsi di tutto ciò che non è necessario, di tutto ciò che la schiena non può più reggere. In questo processo di alleggerimento sto perdendo per strada un bel po’ di cose che mi piacevano e anche un bel po’ di cose che non aveva più senso fare. In questo processo di scoperta dell’essenziale è rimasto ben poco sul tavolo. Una di queste cose è la mia città, di cui sono innamorato perso.

2. Sono consapevole di essere contiguo al potere cittadino, più dal punto di vista umano che sostanziale (non ho incarichi di nessun tipo né contratti con le pubbliche amministrazioni locali). I post delle persone embedded di solito generano in me lo stesso interesse di un volantino di un supermercato (poco più di zero) ed è questo il principale motivo per cui non scrivo quasi mai di Bari e di ciò che succede in città, pur parlandone quasi ogni giorno con amici e familiari. Il mantra che provo a rispettare da anni è: di ciò di cui non puoi, o non senti di poter parlare liberamente, è meglio non parlare proprio.

3. Per stasera metto in ghiaccio questa regola per un semplice motivo: avrei voluto leggere un post come quello che sto per scrivere, ma non è successo.

Il pippone

Mancano due anni e mezzo (credo) alle elezioni a Bari.

Due anni e mezzo prima della fine dell’esperienza di Michele Emiliano come sindaco di Bari, in molti (me incluso) sapevano già per chi avrebbero voluto votare.

Oggi in città non c’è la stessa sensazione. Magari passerà la proposta di legge che estenderà a tre il numero dei mandati consecutivi per un sindaco, e Decaro si ricandiderà nuovamente; ma al momento non è così e comunque sono troppe le variabili che possono frapporsi tra lo scenario attuale e questa prospettiva.

Condivido quindi ciò che oggi vedo: al momento non è percepibile un progetto politico che possa raccogliere il testimone di Antonio Decaro. A Bari girano nomi, ma senza nulla di tangibile dietro. Penso dunque che sia il momento di iniziare a ragionare su questo percorso, a meno che non ci si voglia accontentare del frutto di una mediazione tra gli uomini forti della regione, che in tal caso potrebbe arrivare all’ultimo momento utile e che bisognerà tenersi per forza perché a quel punto sarebbe troppo tardi per alzare la mano e contestare.

C’è abbastanza tempo per ragionare delle condizioni e delle variabili da tenere conto per prendere la scelta migliore, e c’è abbastanza tempo per non partire dalla fine del ragionamento: il nome, per l’appunto. Dovrebbe essere un punto d’arrivo e non quello di partenza. Lo so che si dice sempre e che non si attua mai. Ma questo non è un buon motivo per non dire le cose giuste.

Gli ultimi 17 anni e mezzo sono stati troppo preziosi per la storia recente di Bari e per questo non si può arrivare impreparati al prossimo appuntamento elettorale; nei prossimi anni due e mezzo il quadro politico locale e nazionale può cambiare così tante volte (due anni e mezzo fa Salvini prendeva il 34% alle Europee, giusto per darvi un’idea) che sarebbe folle considerare questa partita già chiusa. Non solo bisogna vincere ma bisognerebbe anche provare a vincere bene, perché la città (secondo me) è migliorata, ma allo stesso tempo sarebbe delittuoso sia dare questi progressi per acquisiti sia accontentarsi acriticamente di ciò che è stato fatto.

Ma sopratutto: si può anche perdere. Dopo quattro mandati consecutivi di governo della stessa parte politica può succedere. C’è chi sosterrebbe che sarebbe persino salutare, in nome della democrazia dell’alternanza.

Non è mio compito delineare questo percorso, però mi piacerebbe dare il mio contributo mettendo al centro alcune questioni che, se sciolte, potrebbero (secondo me) aiutare a individuare la direzione di marcia con più facilità.

1. Negli ultimi anni Bari ha visto la sua banca/mamma entrare in profonda difficoltà, il suo principale quotidiano scomparire (per ora) dalle edicole dopo anni di navigazione perigliosa, il polo fieristico accartocciarsi su sé stesso, la squadra di calcio fallire per poi essere rilevata da imprenditori che non vivono qui. Altrove, probabilmente, sarebbe successo il finimondo. Da noi c’è stata una generale scrollata di spalle, salvo ovviamente le urla di dolore di chi è stato direttamente coinvolto da queste crisi. Non solo: la città è andata avanti comunque, come se non avesse bisogno di quei centri di potere. Anzi, è sembrata quasi sollevata dal fatto che quei centri di potere implodessero. Perché è accaduto? Bari ha trovato un’altra strada per crescere? Le classi dirigenti e il popolo non si (ri)conoscono più? Quei centri di potere sono sopravvissuti ben oltre il limite fisiologico (e se sì, perché?) e quindi era già stato tutto largamente metabolizzato ben prima che la parola fine fosse stata scritta?

2. Qual è lo stato di salute della classe dirigente di Bari? Da chi è composta? Cosa dirige? Chi rappresenta? Che ruolo di innovazione ricopre? Quanto è riconosciuta al di fuori della sua stessa nicchia? Chi coopta chi? Chi ne è fuori lo è per demerito, lontananza politica o miopia di chi avrebbe dovuto fare determinate scelte?

3. Chi rappresenta la sinistra in città? Chi può parlare a nome delle classi meno abbienti della popolazione? Chi ne conosce i bisogni?

4. A chi vive e vota a Bari interessa ancora la Politica con la p maiuscola, cioè i ragionamenti sulla visione della città, il rapporto con il resto della regione, del Sud e del paese; le prospettive sulle politiche ambientali, culturali, urbanistiche, sociali; l’identità? Oppure ai baresi basta un sindaco che pulisca le strade, faccia passare gli autobus in orario e non incasini troppo la vita coi parcheggi, e poi per il resto ci si salva da sé?

5. Ultima ma non ultima: quale sarà il rapporto tra chi oggi è classe dirigente e chi si candiderà a guidare Bari? Dovrà cercare la continuità, dovrà avere un rapporto di reciproco rispetto ma niente di più, o dovrà proporre — e a quel punto, attuare — un reset più o meno totale dei centri di potere cittadini? E in quest’ultimo caso: a vantaggio di chi?

Non ho una risposta definita a queste domande, altrimenti l’avrei scritta. Vi leggo volentieri, e soprattutto spero che queste domande servano per iniziare il brainstorming più largo che si può.

I disclaimer

1. Questo post non mi è stato suggerito né è funzionale a qualcosa. Anzi, potrebbe causarmi più problemi che altro.

2. Questo post non è mosso da ambizioni politiche. Nutro da anni un leggero ma costante senso di colpa per non aver mai fatto politica attiva e per non essermi mai candidato e non posso escludere a priori di fare il grande passo un giorno, ma al momento — e chissà per quanto — vale ciò che ho scritto nella premessa #1.

3. L’unica speranza che ho scrivendo questo post è muovere le acque o più semplicemente stimolare qualche conversazione tra chi mi legge, a cena o davanti a una birra. Poi, a navigare queste acque, ci sarà chi lo fa di mestiere. E se questo post non sarà servito a niente, fa niente, avevo voglia di non girare la testa dall’altra parte e quindi grazie di avermi letto.

--

--

Dino Amenduni
Dino Amenduni

Written by Dino Amenduni

Socio, comunicatore politico e pianificatore strategico dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)

No responses yet