Cos’è la politica oggi? Cooptazione per la stabilità o ricerca del consenso attraverso il conflitto? Il caso della Puglia

Dino Amenduni
3 min readFeb 5, 2022
Photo by Jon Tyson on Unsplash

Rocco Palese è stato nominato assessore alla sanità della Regione Puglia.

È la stessa persona che faceva l’assessore regionale al bilancio con Raffaele Fitto, tra il 2000 e il 2005. Fitto è la stessa persona che ha sfidato Michele Emiliano alle ultime elezioni regionali del 2020. Emiliano è la stessa persona che ha nominato Rocco Palese ieri.

Con questa nomina è finita la Primavera pugliese (com’è stata definita una lunga e prospera stagione per il centrosinistra barese e regionale a cavallo tra il 2004 e il presente, più o meno) come è stato scritto su alcuni quotidiani locali in queste ore?

Sì e no.

Sì, la Primavera pugliese ha smesso di fiorire da anni in alcuni palazzi del potere.

Palese è solamente l’ultimo, e forse nemmeno il peggiore, pezzo di ceto politico di destra cooptato a sinistra con totale naturalezza, come se le differenze politiche non esistessero più, come se le campagne elettorali fossero una partita amichevole.

Attribuire a questa nomina la responsabilità della generazione di un processo politico che è in corso da anni (a discapito della succitata Primavera pugliese) vuol dire, secondo me, dare troppa responsabilità a lui e troppo poca a chi ha fatto il salto negli anni precedenti, a chi ha voluto questi salti e a chi ha fatto troppo poco per scongiurarli, in nome della conservazione del potere, del suo ampliamento, o del solito “bisogna vincere le elezioni”.

No, la Primavera pugliese non è finita.

Il vento ne ha portato semi e fiori altrove; in altre Pubbliche Amministrazioni, anche molto lontane, nel mondo dell’impresa, della ricerca, dell’associazionismo. Chi ci ha creduto si è in buona parte disillus*: c’è chi non farebbe mai più politica dopo ciò che si è visto negli ultimi anni, e chi sta semplicemente aspettando che accada qualcosa di nuovo e di diverso per tornare ad appassionarsi ancora. Quelle energie esistono, forse sono di meno, forse sono cambiate. Soprattutto c’è almeno una generazione di persone che alla vita politica non ha mai fatto accesso (scrivendo mi sono reso conto che i maggiorenni del 2022 sono nati proprio nel 2004) e che potrebbero impegnarsi attivamente. Ma ci sono.

A questo punto, però, credo che ci sia una domanda che va posta collettivamente.

Avevo provato a porla in termini più gentili con un post che avevo scritto su Facebook qualche mese fa. Lo faccio sempre con imbarazzo, perché sono interno, seppur marginale, a molte dinamiche politiche interne al centrosinistra cittadino e regionale. E perché ho lavorato a molte campagne elettorali che hanno certificato, di volta in volta, la (r)esistenza della Primavera pugliese.

È una domanda che non viene pronunciata come si dovrebbe, perché i rapporti politici e personali tra gruppi di potere si sono sedimentati negli anni. Perché è difficile immaginare gli scenari futuri riguardante le prossime regionali e le prossime amministrative a Bari (ma tutt* sanno che sono interconnessi, e che questa interconnessione congela il dibattito politico). Perché è difficile, anche umanamente. Perché se smuovi un tassello c’è il rischio che poi venga giù tutto.

È una domanda che non dovrei fare io. La dovrebbe fare l’opposizione, ammesso che esista ancora in Puglia. La dovrebbero fare i giornali. La dovrebbe fare chi ritiene di averci rimesso da questa esperienza politica, e immagino che ci siano tante persone che abbiano di che lamentarsi.
In ogni caso, la faccio io (poi me ne ritorno per un altro po’ nel reticolo di conflitti di interesse, personali, amicali, almeno fino al prossimo post che mi sgorga dalle dita):

Cosa vuol dire fare politica, in Puglia come altrove? Vuol dire provare a ottenere consenso tra l’opinione pubblica attraverso le proprie scelte, o vuol dire vincere per annessione e dunque mancanza di avversari?

Qual è il modo più giusto per governare, soprattutto in un periodo di pandemia come quello che stiamo vivendo? Sottolineando le differenze con gli avversari o cercando l’unità, talvolta a tutti i costi?

E per concludere — è inutile essere ipocriti: a un certo punto, ciclicamente questa domanda risulta molto importante — qual è il metodo più sicuro per vincere le prossime elezioni?

--

--

Dino Amenduni

Socio, comunicatore politico e pianificatore strategico dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)