Conte corre il rischio di scontentare tutti
Non so dire se avrà conseguenze sul gradimento (ancora altissimo) di Conte, non è detto che lo avrà, ma qualcosa non ha funzionato nella conferenza stampa di Conte sulla “fase 2”.
Da un lato credo che parlare di “fase 2” sia problematico da molti punti di vista, a partire da quello semantico: l’espressione “fase 2” di solito è usata per marcare una discontinuità abbastanza netta con una fase precedente, ma allo stesso tempo è impensabile paragonare l’Italia del 4 maggio alla Hubei/Wuhan post-lockdown. I cinesi erano molto più avanti di noi con la gestione sanitaria quando hanno aperto, e hanno aperto con estrema moderazione. L’Italia, ancora ieri, registrava un aumento degli attuali positivi, oltre che un numero ancora inaccettabile di morti. Quindi non si può ancora parlare, secondo me, di fase 2, perché non ci sono le condizioni sanitarie per iniziare a discuterne.
Le scelte del Governo di ieri, discutibili quanto volete (anche a me non è piaciuto tutto, ma non è questo il fuoco del post), stanno dentro questa logica.
C’è un problema, però: è stato lo stesso Conte, ieri, ad annunciare su Facebook una ‘conferenza stampa sulla fase 2’. Quindi è lui, prima di tutto, ad aver creato un’aspettativa irrealistica su ciò che di lì a poco avrebbe annunciato.
Il rischio, in circostanze del genere, è quello solito quando si prova a conciliare posizioni inconciliabili, e cioè quello di scontentare tutti: sia quelli che temono che queste mezze aperture autorizzino psicologicamente un ‘liberi tutti’ dal 4 maggio in poi, con conseguente enorme rischio di vanificare due mesi di clausura, sia quelli che avevano letto ‘fase 2’, e legittimamente si aspettavano una ‘fase 2’, salvo poi non trovarla.
Sull’Economist è stato pubblicato un articolo molto interessante (che avevo inserito in newsletter) sul paradosso della leadership in questo momento: da un lato i capi di Stato devono dare messaggi di rassicurazione (prima di tutto sulla sostenibilità dei tempi della ripresa) per provare a mantenere la coesione sociale ed emotiva della propria comunità, dall’altro lato sono chiamati, in questa fase dello sviluppo del contagio, a dover chiedere di mordere il freno, e quindi in parte a contraddirsi.
Per il virus il peggio è passato (si spera). Per la politica il difficile è proprio adesso.