Come un fattoide potrebbe influenzare la crisi politica italiana

Dino Amenduni
5 min readJan 21, 2021

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Breve storia di un sondaggio che potrebbe condizionare la realtà parlamentare delle prossime settimane pur basandosi su uno scenario, al momento, inesistente.

Il dato più rilevante di queste ore, a mio avviso, riguarda la stima resa nota dall’istituto di ricerca SWG sul potenziale elettorale di Giuseppe Conte come eventuale leader di un partito da lui fondato. Secondo questo sondaggio, il “partito di Conte” otterrebbe il 16% alle prossime elezioni, diventando così la seconda forza politica (seppur di poco) per consenso.

Orientamento di voto degli italiani — 20 gennaio 2021, dati SWG per il TG di La7

Questa tabella inoltre ci direbbe che:

  • Conte eroderebbe il consenso più dal M5S e dal PD che dal centrodestra, come prevedibile. Inoltre, all’interno della stessa rilevazione SWG è indicato che più del 5% del consenso di questo partito proverrebbe dall’attuale bacino degli astenuti;
  • Il mantra che sentiamo ripetere da mesi secondo cui le elezioni anticipate porterebbero sicuramente il centrodestra alla vittoria dovrebbe essere quantomeno messo in discussione: sommando PD + M5S + LeU/Sinistra italiana + “il partito di Conte” si arriverebbe al 45.5% dei consensi, mentre la somma di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia otterrebbe il 43.1%. Insomma, la partita sarebbe apertissima.

C’è però un terzo elemento, non direttamente visibile, che potrebbe generare un effetto di spin notevole sulle trattative politiche di questi giorni. Provo a spiegarlo nel modo meno contorto possibile.

Alle prossime elezioni, qualunque sia la data in cui saranno celebrate, sarà eletto un numero di parlamentari di molto ridotto rispetto all’attuale composizione della Camera e del Senato, a causa dell’approvazione della riforma costituzionale approvata con il referendum del 20 e 21 settembre 2020. Si passerà quindi da 615 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori.

Questa riduzione comporterà inevitabilmente un restringimento cospicuo del numero dei parlamentari che saranno rieletti, oltre che dei candidati presenti nelle liste dei vari partiti. A questo ‘taglio lineare’ bisognerà aggiungerne uno specifico, relativo alla differenza di consenso tra le elezioni politiche del 2018 e le prossime.

Per usare l’esempio più visibile: tre anni fa il MoVimento5Stelle ha eletto 221 deputati e 112 senatori grazie allo straordinario successo alle urne. A parità di percentuali elettorali, e con la nuova riforma costituzionale in vigore, eleggerebbe (in proporzione) circa 140 deputati e 71 senatori (122 eletti in meno, il 36.5%).

Il M5S, però, non ha affatto i voti di tre anni fa. Oggi nei sondaggi viaggia più o meno alla metà della velocità delle politiche 2018, quindi provando a fare un’astrazione potremmo dire che il M5S passerebbe dai 333 parlamentari attuali a circa 105. Non ci sarebbe spazio per 228 rappresentanti attuali.

Questo è il caso più eclatante, ma la riduzione sistemica del numero dei parlamentari porterebbe a una riduzione quasi inevitabile delle compagini di tutti i partiti, anche di chi (come la Lega e in parte il PD) ha percentuali più alte rispetto al 2018. A questo vanno aggiunte alcune incognite, come la tenuta in termini di consenso dei gruppi che si sono formati in Parlamento dopo il voto, come ad esempio Italia Viva. Oggi conta 45 parlamentari (28 alla Camera, 17 al Senato), domani chissà.

Questo “taglio lineare” della rappresentanza parlamentare avrebbe due sole eccezioni: Fratelli d’Italia, che passando dal 4.3% delle politiche 2018 all’ipotetico 15.9% indicato dal sondaggio SWG eleggerebbe comunque una pattuglia ben più numerosa nonostante la riforma costituzionale, e sopratutto il famoso “partito di Conte”, che passerebbe dagli attuali zero parlamentari a un numero imprecisato, ma comunque nell’ordine di qualche decina di rappresentanti.

Torniamo all’attuale Parlamento. Il M5S, come detto, avrebbe un esubero potenziale di ben più di 200 unità. Inoltre, il grosso del gruppo dirigente del MoVimento è al secondo mandato e, da regole interne, non dovrebbe potersi ricandidare con quella stessa forza politica. In Forza Italia si passerebbe da oltre 140 parlamentari a un numero indefinito e comunque assai più basso. In Italia Viva non si sa nemmeno se si sarà in grado di passare lo sbarramento.

Come oramai è noto, Conte non ha la maggioranza assoluta in Senato dopo l’uscita di Italia Viva dal Governo e ha bisogno di individuare una pattuglia di circa 6–7 senatori (oltre a quelli che hanno già votato la fiducia nella giornata di martedì e in dissenso dal proprio partito) per poter proseguire nell’azione politica da Presidente del Consiglio.

Questo sondaggio, però, dice implicitamente che Conte è l’unico esponente di maggioranza che può promettere la ricandidatura e forse persino la rielezione a centinaia di parlamentari che altrimenti dovrebbero lasciare la Camera e il Senato. E questo potrebbe avere una qualche influenza, nei prossimi giorni, sulla perdurante ricerca dei senatori che dovrebbero sostituire Italia Viva.

Il ragionamento fila? Vi ha convinto? Spero di sì.
Bene. Adesso lo posso anche cestinare.

Torno al sondaggio, da cui nasce tutta l’astrazione. Perché il sondaggio è a sua volta una astrazione. Infatti:

  • non è noto il ruolo di Conte all’interno del partito di Conte. Potrebbe sembrare un gioco di parole ma non lo è. Banalmente: se questo partito nascesse e fosse ‘personale’ (più o meno come quasi tutti i nuovi partiti nati in Italia dal 1994 a oggi) sarebbe assai diverso rispetto a qualcosa in cui c’è Conte, ma ci sono anche altre figure di rilievo;
  • non sono note le coalizioni con cui si andrebbe a votare. Italia Viva e Azione, per esempio, che farebbero? E che impatto avrebbe una loro decisione, per esempio, sull’assegnazione dei collegi uninominali?;
  • ma poi, perché parlare già da ora di collegi uninominali se non si sa nemmeno con quale legge elettorale si voterà la prossima volta?
  • E perché, si sa già quando si vota la prossima volta? Ed è possibile prevederlo nel bel mezzo di una pandemia (crisi o non crisi politica?)
  • Il consenso personale di Conte deriva, in parte, anche dalla sua assenza di collocazione politica. Non essendo ascrivibile a nessun partito nello specifico riesce infatti a risultare trasversale e a erodere consenso in forze politiche molto diverse tra di loro. Diventando ‘il leader di qualcosa’, perderebbe quella trasversalità prima di tutto perché dovrebbe allearsi con qualcuno, e in secondo luogo diventerebbe un competitor interno dei partiti con cui si coalizza (ragionevolmente il MoVimento5Stelle, il PD e LeU/La Sinistra). Quindi Conte potrebbe perdere consenso il giorno dopo aver fondato il suo partito (naturalmente potrebbe essere vero anche il contrario, se fosse particolarmente efficace);

(Ma soprattutto) Il partito di Conte non esiste, e quindi è stato sondato qualcosa che non esiste.

Da anni si discute del ruolo tossico dei sondaggi nel racconto politico e dell’effetto che questi ultimi potrebbero avere sull’opinione pubblica. Questo genere di rilevazioni, a detta dei più scettici, servono a generare effetti di spin, di condizionamento del quadro politico più che a rilevare tendenze esistenti o a fotografare la realtà.

Personalmente continuo a ritenere i sondaggi insostituibili per la mia professione, anche se vanno certamente integrati con cospicue analisi dei dati online per avere un quadro più chiaro della situazione.

In questo caso, però, bisogna cedere all’oggettività: una rappresentazione politica completamente astratta, basata su uno scenario non verificato e in una dimensione temporale non preventivabile, potrebbe condizionare il qui e ora della politica italiana.

Rinforzando qualcosa che, invece, è sempre esistito: la promessa (non necessariamente mantenuta) della ricandidatura al Parlamento.

(grazie ad Adriano Fasano per l’ispirazione)

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Dino Amenduni
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Written by Dino Amenduni

Socio, comunicatore politico e pianificatore strategico dell’agenzia di comunicazione Proforma (www.proformaweb.it)

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